Herbita, civitas honesta et antea copiosa (Cicerone, In Verrem 2.3.75). Studi per l’identificazione del sito

Francesco Collura

Abstract


Etenim deinceps videamus Herbitensis civitas honesta et antea copiosa quem ad
modum spoliata ab isto ac vexata sit. At quorum hominum! summorum aratorum, remotissimorum
a foro, iudiciis, controversiis, quibus parcere et consulere, homo impurissime,
et quod genus hominum studiosissime conservare debuisti1.
Partiamo da questo passo di Cicerone (In Verrem, 2.3.75) per introdurre la trattazione
di una delle questioni più dibattute riguardo all’identificazione di centri antichi
di Sicilia, quella del sito di Herbita, uno degli insediamenti indigeni ellenizzati più
importanti nel corso del V e IV secolo a.C., in grado di scrivere parti importanti della
storia dell’isola ma il cui declino non consentì di preservare la memoria del luogo in
cui prosperò. In effetti, gli indirizzi seguiti dagli studi hanno sempre preso in considerazione
questa città non in quanto entità urbana e comunità di persone di cui cercare
le evidenze materiali, quanto come nome a cui associare determinate vicende storiche,
in particolare la co-fondazione di Kalè Akté con Ducezio e la fondazione di
Halaesa, o la contrapposizione a Siracusa, o i soli due personaggi autorevoli di cui ci è
stato tramandato il nome, gli Archonides I e II che parteciparono a quelle fondazioni
e furono tra i massimi esponenti dell’etnia sicula in contrapposizione a quella greca.
Herbita è un nome che compare a lungo nelle fonti letterarie ed epigrafiche, dal V secolo
a.C. fino a oltre il tardoantico, dando l’idea di un centro di grande importanza
non solo per le vicende belliche che la videro coinvolta, ma anche come rilevante luogo
di riferimento sociale ed economico nel territorio.


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