Gli impianti termali romani lungo la via Cassia presso Viterbo: nuovi dati per la conoscenza dei singoli contesti e per la ricostruzione della topografia antica dell’area

Abstract

Il territorio immediatamente a ovest di Viterbo, dalla località Bacucco alle cosiddette
Masse di S. Sisto (poste rispettivamente circa 6 km a nord-ovest e 5,5 km a sudovest
della città), si caratterizza per una straordinaria concentrazione di fontes calidi
sistematicamente sfruttati tra la tarda età repubblicana e il basso Impero mediante l’edificazione
di vari complessi edilizi1. Oggi se ne riconoscono almeno 15, concentrati
in una fascia di territorio che si allunga in senso nord-sud per circa 11 km e che presenta
una larghezza massima di 1,5 km, caratterizzata dalla presenza di numerose sorgenti
termo-minerali e attraversata longitudinalmente dalla via Cassia, presso il cui
tracciato sono ubicati molti dei complessi termali antichi (Fig. 1). La vicinanza a questo
importante asse viario e la non eccessiva distanza da Roma devono sicuramente
aver contribuito alla fama acquisita da questi impianti tra gli autori di età romana, che
li paragonarono alle più rinomate terme di Baia o ne ricordarono le qualità terapeutiche.
Già Varrone (De lingua Latina, IX, 41) indica come esempio di aquae caldae, nel
senso di complessi idrotermali, quelle di Pozzuoli e quelle che si trovavano in Tuscis.
Strabone (Geogr., V, 227) scrive invece che le terme dell’Etruria (Τυρρηνία) non erano
meno frequentate di quelle famosissime di Baia; a esse accennano anche Vitruvio (De
arch., II, 6), Tibullo (Eleg., III, 5, 1-4), Marziale (Epigr., VI, 42) e Stazio (Sylvae, I, 5).
Alla metà del I sec. d.C., Scribonio Largo (Compositiones, 146) menziona, più specificatamente,
le aquae vesicariae ferratae che si trovavano in Tuscia a 50 miglia da Roma,
caratterizzate da importanti qualità terapeutiche, ricordate in età teodosiana anche
da Marcello (De medicamentis, 26, 4).